Donne che marciavano sotto il sole by Cristina Judar

Donne che marciavano sotto il sole by Cristina Judar

autore:Cristina Judar [Judar, Cristina]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Wordbridge
pubblicato: 2023-06-14T22:00:00+00:00


Signora Suvyatic

Le onde si infrangevano con forza sulle mie finestre. Mi trovavo in una casa sommersa dall’oceano, anche se vivevo in una città circondata da boschi radi e costellata di abitazioni identiche, tutte con la facciata di mattoni marroni. Quell’ondata gigantesca esisteva solo fuori, ogni volta che il cielo decideva di cadere.

Lui precipitava, noi cucinavamo. Le onde si alzavano, noi mescolavamo la zuppa.

Come gli abitanti di una bolla d’aria in immersione profonda, credevamo di essere provvisoriamente protette da una pellicola malleabile, trasparente, impenetrabile.

In quella peculiare situazione di isolamento, coltivavamo calore e affetto. Parlavamo la lingua del fuoco, gli offrivamo ramoscelli come se stessimo facendo un’offerta a una persona cara, convinte che il nostro cibo non si sarebbe bruciato, non sarebbe rimasto crudo né avremmo perso il punto di cottura. Fin da piccola ho praticato la magia della creazione; fin dalla nascita ho portato bambine dentro di me. In questa vita, alcune cose sono frutto del destino; altre, fantasie che vogliamo si avverino. Prima non c’erano soldi per le bambole, così mi inventavo io le bambine. Poi non c’era un corpo che generasse bambine: fu allora che trovai Mimi.

Lontano dall’infertilità dichiarata maledizione biologica senza fine, ho indossato la maternità per chi non poteva portare in grembo la sua bambina. Davanti a me, pianse un fiume di sconsolazione e gratitudine. Se ne andò su un gommone senza il fagotto che prima trasportava.

Con una nuova vita, non aprivo le finestre per paura che entrasse l’acqua. Eravamo in due, ora. Anche Mimi era circondata da quella forza capace o di cullarci o di affogarci. Finché l’acqua rimaneva all’esterno, eravamo avvolte, il che mi sembrava sufficiente per noi. All’interno proseguimmo, con il viso e i vestiti ingialliti da quanto riflettevano il fuoco, con gli occhi che cambiavano tonalità a seconda della potenza della fiamma domestica. Le onde sbattevano, ma noi non ascoltavamo il loro richiamo.

Mimi crebbe, gli anni passarono e il nostro nucleo non riusciva più a far fronte a tutto ciò di cui avevamo bisogno. Le azioni di mia figlia avevano acquisito forza e ampiezza: con un gesto, i bollitori volavano; con un soffio, il pane non lievitava; con una lamentela, la cucitura saltava.

Bisognava cambiare terra perché ci fosse spazio e continuità: io volevo lavorare e Mimi doveva andare a scuola. Quello fu il periodo della grande alluvione. L’acqua, dopo aver spinto per tutti quegli anni, distrusse le barriere, le finestre, i muri e le porte e bruciò più di quanto il fuoco stesso potesse bruciare. Del suo passaggio rimase solo la polvere di ciò che avevamo vissuto. Con il volto ormai secco, io e Mimi partimmo per un’altra terra con un veicolo che scivola nell’aria.

Sono passati alcuni anni dal nostro arrivo. Oggi abbiamo un pavimento, delle stanze da riempire e la promessa di poter restare. Fuori non c’è più l’acqua. Lei studia, io lavoro. I nostri occhi continuano a riflettere fornelli e scintille. Nel cielo, dove la mia vista non arriva, ci sono stelle e insetti, aerei, elicotteri e fili elettrici trasversali.



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